Dall’«Ipse dixit» a Internet e ritorno

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L’era della digitalizzazione, con la disponibilità pressoché illimitata di contenuti accessibili gratuitamente via Internet, ha ormai consolidato l’idea che l’informazione sia una “commodity”, sempre e comunque accessibile e usufruibile.

Tuttavia, mai come oggi, si sente l’esigenza di riuscire a districarsi attraverso una quantità di informazioni enorme per individuare e discriminare, nel mucchio, contenuti con le caratteristiche richieste.

Si tratta di un’esigenza sentita dall’anima “commerciale” di Internet, alla ricerca di nuove metodologie per sfruttare le opportunità di marketing offerte dai social network, caratterizzati da informazioni destrutturate.

Parimenti rappresenta un’esigenza ancora maggiore per l’anima “colta” del Web, rispetto alla ricerca di contenuti di qualità nel mare magnum delle informazioni presenti in rete e nella strabordante diffusione delle fake news.

Da questo punto di vista Internet può essere vista come la concretizzazione dell’utopia di rendere accessibile a tutti (a patto di disporre di una connessione attiva) l’intero il sapere umano, che si realizza sulla base di presupposti per certi versi simili e opposti a quelli che ispirarono Diderot nella realizzazione dell’Enciclopedia.

Internet ha frantumato l’idea che la conoscenza, per essere accessibile a tutti, debba essere unificata. Grazie alla sua capacità di annullare tempo e distanze il Web, invece di condensare il sapere per un’audience distribuita, ha condensato attorno a sé l’audience distribuendo l’informazione.

Tuttavia, nel momento in cui la verità di un’affermazione è garantita dalla condivisone della maggior parte delle persone, le idee innovative, che si allontanano dal sapere condiviso e che, storicamente, sono artefici del progresso, tendono a essere schiacciate.

Un altro meccanismo che tende a schiacciare l’originalità di pensiero è quello in base al quale i meccanismi di profilazione di Google e simili propongono a un utente solo contenuti in linea con le sue preferenze e le sue precedenti esperienze, favorendo la radicalizzazione delle sue idee anziché l’apertura mentale verso il progresso.

Qualcuno potrebbe obiettare che Internet non è la sola fonte per la diffusione del sapere e della conoscenza. Se però, come me, avete dei figli in età scolare, sapete che per loro questo non è vero: Internet è tutta e solo la fonte di conoscenza delle nuove generazioni.

Nell’antichità, la verità era garantita dall’autorevolezza di chi l’aveva sostenuta: il richiamo all’Ipse dixit arrestava sul nascere qualsiasi discussione su un’affermazione sostenuta da Aristotele.

Nell’era di Internet, dei social network e dell’eccesso di informazioni, si sente nuovamente l’esigenza della presenza di Aristotele ovvero di un esperto autorevole che faccia da garante.

La tecnologia sta cercando di fornire una risposta a questo problema sollevato dalla tecnologia stessa, per realizzare questo garante in forma digitale.

Resta un dubbio. Diceva Einstein: “Non si possono risolvere i problemi dell’umanità con la stessa mentalità che ha portato alla loro nascita”.

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Riccardo Florio
Riccardo Floriohttp://www.riccardoflorio.it
Laureato in Fisica, ricercatore, tecnologo, giornalista iscritto all'Ordine, utilizza i computer dal 1980 e da oltre vent'anni opera nel settore dell'editoria IT. E' cofondatore e attuale general manager della media company Reportec ed è direttore responsabile delle riviste Direction e Partners. È coautore di innumerevoli libri, rapporti, studi e Survey nel settore dell’ICT.

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