La capacità di adattamento continuo necessaria oggi alle imprese per competere sui mercati riguarda senz’altro i modelli organizzativi e culturali, tanto che il concetto stesso di innovazione può essere portato avanti solo dall’idea, condivisa a tutti i livelli aziendali, di cambiamento e sperimentazione costante. Tuttavia questo rischia di essere solo teoria se non si ha il supporto profondo delle tecnologie Ict, oggi permeate da funzionalità integrate di intelligence, automazione, connessione e governance, nonché componibilità di semilavorati, soprattutto nell’ambito dello sviluppo applicativo, utili alla costruzione di un modello di azienda “flessibile e fluida”. I CIO guardano a un sistema informativo snello, che riduca le rigidità operative dei diversi compartimenti aziendali, un IT in grado di offrire risposte funzionali e applicative veloci rispetto alle esigenze del business e che sia il meno dispendioso possibile. Prende forza il concetto di “governance & armonizzazione” nel saper orchestrare le attuali tecnologie disponibili in azienda e acquistare solo quelle rigorosamente in armonia con il disegno evolutivo globale.
Governance di architetture e dati
Si consolidano architetture in cui i dati sono l’elemento centrale di ogni progetto, con potenti data base dedicati all’analisi (query su milioni di righe) e all’elaborazione transazionale (con miglioramenti continui nei tempi di risposta grazie a un’ottimizzazione dei percorsi dei dati). Database che sono veri e propri pilastri delle architetture informative, in grado di garantire, grazie a tecniche di AI, una gestione autonomous del monitoring e del tuning, con funzioni di autoriparazione, prevenzione dei downtime, gestione delle patch di security, automazione delle query sui dati e di una serie di task routinari che riducono il lavoro e il numero necessario di Db Administrator, con evidenti impatti positivi sui costi.
Sono queste le architravi dei sistemi IT di un’azienda moderna, che vede applicazioni di nuova generazione (in cui analytics, AI e machine learning sono integrate nativamente) muoversi in ambienti ibridi dove convivono architetture on premise, private, public e multicloud (una recente ricerca McKinsey ha rilevato che le grandi imprese a livello mondiale puntano ad avere almeno il 60% dei loro ambienti informativi in cloud entro il 2025) garantendo security e intelligence native. In un ambiente informativo di questo tipo, il valore per l’IT sta nella propria capacità di un’orchestrazione e governance intelligente per erogare i corretti servizi di cui gli utenti aziendali necessitano.
ERP e in house, le applicazioni al centro
Le applicazioni, si diceva, sono senz’altro tra gli elementi distintivi di un’azione di digital transformation di impresa. Sia acquistate come parte di piattaforme ERP cloud, sia sviluppate in house attraverso modalità di rapido assemblaggio di semilavorati software. Nel primo caso stanno affermandosi ERP platform dove, in un’architettura centralizzata, vengono offerte funzionalità integrate di intelligenza automatizzata, con insight in tempo reale sui dati per differenti settori e profili professionali, con indicazioni di attività da svolgere, guidate da AI e da analisi ricorsive sui dati per ricavarne pattern operativi da proporre all’utente. Inoltre, sono oggi possibili continue analisi automatiche sui processi più utilizzati dall’azienda e sulle attività svolte, con la possibilità di consigliare priorità nell’obiettivo di un costante miglioramento del rapporto tra applicazioni e architetture aziendali. All’interno di queste piattaforme trovano spazio differenti moduli, tra i quali senz’altro i più sensibili per l’azienda sono quelli che gestiscono la relazione con il cliente (CRM), personalizzandola in funzione dei profili definiti e dei prodotti acquistati, con Insight delle relazioni stabilite e le conseguenti indicazioni delle migliori opportunità di business possibili. Nell’ambito invece dello sviluppo in house il miglioramento funzionale delle applicazioni è fondamentale per sfruttare le caratteristiche di architetture sempre più smart e per creare nuove opportunità di business. Il cosiddetto “debito tecnico”, cioè quel costo che l’azienda deve sostenere per la manutenzione continua di tecnologie datate (legacy) utilizzate anche nello sviluppo di nuove soluzioni, va ridotto attraverso un continuo ammodernamento applicativo (di recente la società di ricerche IDC stimava che circa il 38% dei cicli di sviluppo viene perduto nel debito tecnico). Le tecnologie low code che concorrono alla velocizzazione e al risparmio nello sviluppo di nuove applicazioni e nell’ammodernamento di quelle legacy sono una risposta importante. Si tratta di tecnologie alternative alla scrittura manuale di codice, basate sulla gestione di “semilavorati software” usati in modalità drag and drop che stanno cambiando la logica delle competenze di programmazione, prima di dettaglio dei vari linguaggi, ora, sempre più, di capacità di gestione e assemblaggio. Secondo le analisi di Gartner, le piattaforme low code occuperanno circa il 65% delle attività di sviluppo delle imprese a partire dal 2024. Sono piattaforme robuste, con funzioni automatiche, connettori nativi per l’integrazione di servizi di AI dei vari provider e reggono anche lo sviluppo del complesso back end applicativo, quello dove si trovano le logiche di business, i processi di riferimento e le interazioni tipiche delle applicazioni enterprise.