Un recente rapporto di Korn Ferry analizza la Employee Attrition, le dimissioni volontarie e non forzate, quando una persona lascia l’azienda per vari motivi: per un periodo sabbatico, per intraprendere una carriera autonoma o, più tipicamente, per andare a raggiungere qualche altra azienda. C’è l’Attrition pianificata o pianificabile (per esempio pensionamento per raggiunti limiti di età o lo scadere di un contratto a tempo determinato), ma la maggior parte dell’Attrition è sostanzialmente inattesa e non pianificata e quindi, per definizione, costosa per l’azienda che si trova scoperta nel ruolo e deve ora affrontare i costi diretti della nuova ricerca e selezione e i costi indiretti (spesso molto più elevati) del conseguente disservizio: ruolo non coperto, perdita di competenze, rischio di ingaggiare una persona che poi risulterà non performante o che poi lascerà a sua volta o che non verrà a sua volta confermata, naturale periodo di inserimento in azienda e fase di apprendimento della nuova risorsa e così via.
Una recente tendenza che si sta osservando è una ben maggiore attenzione alla fidelizzazione dei dipendenti con una forte spinta a limitare l’Attrition soprattutto nel primo anno di assunzione delle risorse. Il compito delle funzioni di Talent acquisition non consiste quindi più solo nell’assumere candidati qualificati, ma anche e soprattutto nell’assumere candidati qualificati e che rimangano. Per ridurre la probabilità di abbandono dei nuovi dipendenti, i team HR e Talent Acquisition devono innanzitutto convincere le persone giuste a candidarsi (non le migliori, le più capaci e competenti, bensì quelle giuste), ingaggiarle e formarle e poi essere proattivi nell’aiutare i neoassunti a comprendere l’azienda e, successivamente, le opportunità di avanzamento di carriera in azienda.
Quando si parla con i candidati, alcuni dei motivi più comunemente citati per cui questi abbandonano l’azienda nei primi mesi sono collegati al modo come le organizzazioni comunicano la propria Proposta di Valore per i Candidati e Futuri Dipendenti (in inglese: Employee Value Proposition o EVP). Sono, infatti, state identificate 3 ragioni principali per cui una significativa percentuale dei nuovi collaboratori lascia il lavoro nei primi mesi:
– disagio in relazione alla cultura, ai valori, al modo di lavorare dell’azienda;
– mancanza di comprensione del valore e dell’impatto del ruolo;
– scoprire che, nella realtà dei fatti, gli effettivi compiti e responsabilità non sono quelli previsti, comunicati o percepiti durante il colloquio di selezione.
Una EVP dovrebbe quindi evidenziare le ragioni per entrare a far parte di una certa azienda e poi restarvi, ma non dovrebbe essere solo un elenco di punti di forza. Se la fidelizzazione è una priorità, l’EVP deve essere veritiera, realistica e allinearsi direttamente alla visione, alla mission, allo scopo e ai valori dell’organizzazione, attraendo persone con il giusto adattamento culturale e motivazionale. Un altro problema chiave con l’EVP è l’autenticità. È necessario che l’EVP rifletta la realtà perché se l’esperienza dei nuovi dipendenti non è in linea con le promesse fatte o le aspettative generate, i nuovi assunti non rimarranno a lungo.