Da che PNRR è PNRR, stiamo assistendo a una girandola d’iniziative senza precedenti. Questo approccio non sta risolvendo i classici problemi strutturali come la mancanza di visione sulla PA e sugli italiani.
Replicando all’infinito una storia già vista fin dal Medioevo, ciascun valvassino replica un intero ecosistema, senza cercare di federarsi con altri in modo da assicurarsi il successo: ne è esempio la corsa ai portali di formazione. Ma il personale è poco e di bassa qualità.
Nella nuova competizione tra enti e con il privato le figure tecniche e i professionisti della gestione mancano sempre di più. Cerchiamo di valutare le prospettive future.
La formazione? Un giorno all’anno
Durante il Forum PA 2023 è stata presentata la Ricerca sul Lavoro pubblico, a cura di FPA. L’indagine ha presentato dati aggiornati al 31 dicembre 2021 e valutazioni per il 2022 della La Ragioneria dello Stato. A fine 2021 i dipendenti pubblici erano 3.239.000, dopo l’ennesimo anno in sostanziale pareggio tra uscite (184 mila) ed entrate (178 mila).
La Ragioneria aveva fatto una valutazione per il 2022, ipotizzando un incremento di circa 27.000 unità. Prime la Scuola (14.400, +1,2%) e la Sanità (9.000, +1,3%).
La formazione, qualunque cosa voglia dire, è ferma al palo. Secondo i dati finali del Conto Annuale della Ragioneria dello Stato, i 3,2 milioni di lavoratori hanno ricevuto nel 2022 un totale di 2,9 milioni di giorni di formazione, ovvero meno di uno a testa. Anche l’idea che per attivare un dipendente, purché laureato, basti una qualche sporadica formazione aggiuntiva, va ripensata. Quasi tutti gli Enti pubblici ci sommergono di dati trionfali sulla formazione da loro erogata, al contempo lamentando inefficienza e mancanza di personale. Ma i trionfi restano sulla carta.
Mochi Sismondi: la PA può attrarre talenti
Resta il fatto che il settore pubblico in Italia non è attrattivo. L’indagine del ForumPA mostra chiaramente che anche nel settore pubblico pesa la trasformazione del mercato del lavoro già emersa nel privato.
“Da un lato, oggi i lavoratori danno meno importanza al posto fisso in favore di aspetti come benessere, motivazione, formazione o lavoro agile – ha spiegato Carlo Mochi Sismondi, Presidente di ForumPA – dall’altro, in una scarsità di personale qualificato, si osserva una nuova competizione tra pubblico e privato sui profili tecnici e tra amministrazioni, a causa dell’ingorgo di concorsi”.
In queste condizioni, come può la PA diventare attrattiva? “Acquisendo nuovi strumenti di employer branding e presentando ai candidati un’offerta completa di welfare aziendale, smart working, possibilità concrete di crescita professionale e retributiva”.
Alcune iniziative di federazione delle forze in termini moderni e qualitativi, comunque, esistono. In questa direzione va la 3-I, che prende nome dalle iniziali delle tre entità che l’hanno generata, ovvero Inps (49%), Inail (30%) e Istat (21%). Inizialmente spinta da Mario Draghi, lo scorso 28 novembre 2022 ha visto la nomina del direttore generale Claudio Anastasio da parte del Governo in carica. Viste competenze, dimensioni e provenienze, dovrà giocoforza avere un ruolo centrale nella costruzione della PA.
Il quadro è chiaro, ma probabilmente non realistico. A nostro avviso è piuttosto dubbio che persone preparate scelgano la PA e non le aziende private: pensate a sviluppatori, modellatori di processo, esperti di cybersecurity. Se occasionalmente può accadere, è difficile che possa verificarsi con la frequenza di cui la PA avrebbe bisogno.
Il confronto in Europa
L’Italia continua ad avere un numero totale di impiegati pubblici nettamente inferiore a quello dei principali Paesi europei, in proporzione sia alla popolazione sia agli occupati. Nel confronto con la popolazione il Belpaese occupa 5,5 impiegati pubblici ogni 100 abitanti: sono 6,1 in Germania; 7,3 in Spagna; 8,1 in UK; 8,3 in Francia. Guardando gli occupati, in Italia sono 14 ogni 100, ma 16,9 in UK, 17,2 in Spagna e ben il 19,2 in Francia.