Dalla domotica agli smart building: come la tecnologia cambia gli edifici

Da Echo IV a The Edge, la digitalizzazione e l’automatizzazione dei luoghi dove viviamo e lavoriamo è in costante crescita. Oggi è spinta dalla transizione energetica

Era il 1966 quando l’ingegnere Jim Sutherland presenta Echo IV, un dispositivo centralizzato in grado di controllare la temperatura, accendere e spegnere gli elettrodomestici, gestire la lista della spesa, ricette e promemoria per la famiglia. È stato un visionario e non ha avuto una gran successo commerciale, ma è stato il seme per sviluppare la domotica e gli smart building di oggi. Da quel primo tentativo, un po’ più strutturato dei sistemi automatici di controllo dell’aria condizionata apparsi negli Usa nei primi del ‘900, di acqua sotto i ponti ne è passata. La grande rivoluzione nella domotica, quella che ne ha permesso la grande diffusione, è l’avvento dell’IoT (Internet of things – Internet delle cose). Sotto questo acronimo ci sono una miriade di dispositivi che si connettono a una rete locale e da lì a una Wan. Oggi nelle case degli italiani ci sono parecchi prodotti che accedono alla rete per estendere i propri servizi, dalle smart tv passando per lavatrici che possono essere controllate da remoto, senza dimenticare gli assistenti vocali (Google Home, Amazon Alexa, Apple HomePod) che permettono di usare la voce per comandare luci, elettrodomestici e impianto di climatizzazione e riscaldamento. Quello che appariva fantascientifico solo pochi anni fa, oggi è una realtà a portata di tutti. Tutti questi dispositivi sono adesso connessi tra loro attraverso una rete domestica sfruttando Wi-Fi, Ethernet, Plc (Powerline Communication), Bluetooth, Zigbee e Z-Wave. Gli ultimi due sono protocolli wireless a bassa potenza utilizzati soprattutto per gestire termostati, serrature, interruttori e diversi tipi di sensori. In un appartamento che fa uso di soluzioni di domotica possiamo trovare molti di questi protocolli. Oggi per gestire un ambiente domotico può essere sufficiente una o più app sullo smartphone, a riprova di una costante semplificazione e di aumento delle potenzialità e dei servizi. Ogni dispositivo può essere controllato da remoto, sfruttando il collegamento Wan dell’appartamento, dalle videocamere di sicurezza al termostato, dalle luci alla macchina per il caffè. Uno dei pilastri della domotica moderna è il risparmio energetico, e lo ritroveremo anche quando parleremo di smart building, perché il corretto uso di sensori di temperatura nei vari ambienti, unito a un termostato intelligente permette di ottimizzare i consumi energetici. Gestendo il tutto, come detto, da una semplice app o con la voce attraverso un assistente vocale. Ci sono soluzioni software, come Ifttt (If this then that), Zapier e Zoho Flow, che permettono di connettere servizi e app che non dialogherebbero tra loro in modo nativo, ampliando ulteriormente l’orizzonte della domotica. Un aspetto da non trascurare quando si installano questi apparati è quello della sicurezza. La rete domestica deve essere adeguatamente protetta e i dispositivi costantemente aggiornati. Ma perché fermarsi all’appartamento in questo processo di digitalizzazione e automatizzazione? Il passo successivo è quello di estendere i benefici della domotica a tutto l’edificio e dare vita così agli smart building. Però questa evoluzione non è così lineare, non si tratta di scalare semplicemente, la cosa è molto più complicata. Risparmio energetico, sicurezza, climatizzazione, gestione dei servizi, un edificio è molto più complesso. Se per rendere domotico un appartamento sono sufficienti dei dispositivi installabili anche successivamente alla costruzione, nel caso di edifici intelligenti, per avere un vero vantaggio, è necessario pensare in modo “smart” sin dalla fase di progettazione. In questa fase la transizione energetica sta dando una forte spinta verso la realizzazione di edifici intelligenti; il Piano nazionale integrato energia e clima (Pniec) prevede un obbiettivo di consumi di energia finale pari a 103,8 Mtep al 2030. 

Essendo il settore dell’edilizia residenziale e terziaria responsabile del 45% del fabbisogno energetico nazionale, renderlo più efficiente dal punto di vista energetico è uno degli obiettivi primari. 

In questo caso le tecnologie che rendono intelligente un edificio sono al centro di questa rivoluzione. Per spiegare meglio l’evoluzione da domotica a smart building si può prendere come esempio “The Edge”, sede dell’azienda di consulenza Deloitte ad Amsterdam, nei Paesi Bassi, che è considerato uno dei più avanzati smart building al mondo. È caratterizzato da una gestione intelligente dell’energia, viene monitorata e controllata l’illuminazione, il riscaldamento, la ventilazione e l’aria condizionata in base alla presenza degli occupanti e alle condizioni ambientali. Questo permette di ottimizzare l’uso dell’energia e ridurre i consumi. Fa ampio uso di sensori e device IoT che rilevano in tempo reale le condizioni ambientali (temperatura, umidità, qualità dell’aria, luce naturale) e i dati raccolti vengono utilizzati da un sistema di analisi per ottimizzare, oltre all’efficienza energetica, la manutenzione degli impianti, la pianificazione degli spazi e altre decisioni operative. The Edge, inoltre, è dotato di avanzati sistemi di sicurezza basati sul riconoscimento facciale e sulla gestione degli ingressi. Gli occupanti attraverso app per dispositivi mobili possono regolare l’illuminazione e la temperatura negli uffici, prenotare sale riunioni, accedere a servizi condivisi e ottenere informazioni in tempo reale sull’edificio. Uno smart building non è dunque solo applicazioni di domotica scalate verso l’alto, ma è qualcosa di molto più grande e richiede dunque una infrastruttura molto più complessa. Ai tradizionali protocolli di rete si aggiungono protocolli di comunicazione di derivazione industriale o sviluppati appositamente come Modbus, BACnet, Knx e Mqtt. Questi facilitano lo scambio di dati tra dispositivi e consentono l’integrazione di sistemi di gestione dell’energia, illuminazione, sicurezza e altro ancora. È chiaro che la massa di dati che viene generata da un edificio intelligente è enorme, servono dunque risorse ad hoc per elaborarli e conservarli, come un ambiente ibrido con risorse cloud e soluzioni edge capace di offrire la scalabilità, la flessibilità e l’affidabilità richieste. In questo ambito anche la sicurezza assume un’importanza altissima e gli edifici intelligenti devono essere trattati come se fossero delle aziende con ambienti ibridi. Nei prossimi anni ci sarà dunque un forte sviluppo nell’ambito degli smart building, secondo Juniper Research nel 2026 saranno oltre 115 milioni gli edifici che utilizzeranno queste tecnologie, nel 2022 erano 45 milioni. Un incremento del 150% trainato, come detto, dalla transizione energetica. Sempre secondo Juniper Research il 90% degli investimenti in smart building è in edifici non residenziali e questa tendenza si manterrà nel tempo. Domotica e smart building sono dunque le due facce della stessa medaglia che porterà sempre di più alla digitalizzazione e automatizzazione degli spazi dove viviamo e lavoriamo.

Una filiera da 130 miliardi di euro 

Al mercato degli edifici intelligenti è associata una filiera estesa fatta da 350 mila aziende in grado di generare 130 miliardi di euro di fatturato, 39 miliardi di Euro di valore aggiunto e di sostenere 626 mila occupati fornendo un contributo significativo al sistema Paese. Sono queste le stime riportate nel Rapporto Strategico della Community Smart Building rilasciato nel 2023 da The European House – Ambrosetti. La Community Smart Building ha quantificato anche il giro d’affari complessivo che viene abilitato dalle attività della filiera estesa e dalla loro attivazione di filiere di fornitura e subfornitura (indiretto e indotto). Ne risulta un moltiplicatore economico  pari a 2,87 in base al quale ogni 100 Euro investiti nella filiera estesa dello smart building in Italia se ne generano 187 nella filiera allargata. Il moltiplicatore occupazionale è pari a 2,78: ogni 100 unità di lavoro dirette nella filiera estesa si attivano ulteriori 178 unità di lavoro nella filiera collegata.

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