Il mercato africano del Cloud Computing

Il mercato africano dei data center e dei servizi cloud sta crescendo significativamente anche in Paesi interni. Cercano connettività, bassa latenza, consulenza. E forse normativa.

Medusa, il sistema di cavi sottomarini in fibra ottica che si estenderà per 8.700 km, è un progetto strategico per migliorare la connettività tra i Paesi dell’Unione Europea, per questo motivo la Commissione Europea ha concesso all’ATMED-DG (Atlantic -Mediterranean Data Gateway) il progetto da 7,79 milioni di euro per finanziare l’installazione di una coppia di fibra spenta tra Lisbona, Zahara de los Atunes, Barcellona, Marsiglia e Mazara del Vallo.

Può sembrare un evento marginale, ma forse non lo è. Mentre Cina e India crescono imperiosamente, l’Europa impone normative su tecnologie che non padroneggia e cerca Nuovi Mondi sui quali far valere le proprie qualità. Orbene, la prima area di riferimento sembra essere proprio l’Africa.

L’African Cloud cresce veloce

La situazione è già molto strutturata, ma lascia ancora grandi spazi di manovra. I grandi blocchi geografici sono già organizzati, per cui Maghreb, Corno d’Africa e soprattutto Sudafrica fanno ormai storia a sé, con i loro fornitori storici. Negli ultimi anni anche Meta e Google hanno investito direttamente nella connettività e nei data center specifici di nazioni più piccole.

Secondo ResearchAndMarkets, il mercato africano dei soli data center (qualsiasi tier) dovrebbe crescere a un CAGR del 10,70% per superare 1,4 B$ di dollari entro il 2028, rispetto a 0,76 B$ nel 2022. Queste stime, che potrebbero anche richiedere un aggiornamento, aumentano di molto se si parla dei servizi. “Una nuova generazione di data center sta sorgendo nelle economie più piccole dell’Africa, alimentando un’opportunità di mercato di 5 miliardi di dollari nel continente in più rapida crescita al mondo”, scrive Alexis Akwagyiram, analista per la BBC, la Reuters e il Financial Times, facendo riferimento alla previsione relativa al 2026 (5B$) secondo stime dell’ADCA, Associazione dei Data Center dell’Africa.

Se nel recentissimo passato l’emergere di data center locali ha alimentato un’esplosione del cloud computing in alcune delle più grandi economie dell’Africa (Nigeria, Kenya, Egitto, Sud Africa e Marocco), è giunto il momento della crescita di economie più piccole. 

“Il cloud africano è un’interessante opportunità commerciale da miliardi di dollari, in crescita a un tasso annuo tra il 25 e il 30%”, dice l’introduzione di The Rise of the African Cloud, il report di Xalam; “è anche un mercato dinamico complesso, dove gli hyperscaler competono e collaborano con una serie di operatori di telecomunicazioni e fornitori di data center e specialisti del cloud”. La lunghezza dei cavi determina lunghe latenze e basso livello di servizi che si cerca di migliorare, in primis nell’area finanziaria.

Alla ricerca di talenti

Va sottolineato che l’Africa, con la sua creatività diversa da quella europea, statunitense o orientale, è un continente estremamente complesso e fortemente sconnesso, almeno in termini informatici. Molte aree non sono servite da reti fisse né mobili, e molte altre ancora hanno reti 2G e 3G, per cui si punta molto sul 5G ma anche sui cavi sottomarini e il traffico con gli altri Continenti. 

I principali fornitori sono cinesi, ma per motivi storici, sono molti gli africani esperti di computer science che trovano modo di lavorare sia all’interno del loro Continente, sia al di fuori (America, Europa). Riuscire a impostare un’attività informatica di supporto alla crescita potrebbe rivelarsi un fattore di stabilizzazione geopolitica altrettanto forte di altre infrastrutture come ponti, dighe e acquedotti e porti, in qualche modo controbilanciando altri poteri tribali o coloniali nella ricerca di un equilibrio maggiore di quello attuale. 

Per motivi geografici e politici, l’African Cloud è un segmento ad alto rischio. Come visto, però, prevede una crescita alta e potenzialmente esplosiva. Non solo nel fatturato: si pensi alla guerra ai talenti che in Europa e Italia, ma anche negli States, stanno perdendo rispetto ad aree più popolose e giovani come Cina e India.

Va infine pensato che si potrebbe provare a esportare in questo enorme bacino anche il nostro impianto normativo, certo scontrandosi con usi, costumi e costi molto variabili. Uniformare aspetti come sicurezza, privacy e uso dell’IA potrebbe essere un volano formidabile per quelle economie e anche per chi le supporta.

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