Secondo una recente indagine di Manhattan Associates, i retailer stanno digitalizzando sempre più la loro offerta in-store nel tentativo di migliorare la customer experience e mantenere la competitività, in un momento in cui il costo della vita ha influenzato le abitudini di acquisto per l’89% dei consumatori.
Lo store che sta cambiando
Il 54% dei retailer ha dichiarato che i clienti possono acquistare in negozio e restituire online (50% nel 2022); mentre, se il prodotto è esaurito nello store, il 48% offre la possibilità di acquistare online e restituirlo fisicamente (46% nel 2022). Tuttavia, i retailer hanno anche asserito che in media hanno un’indicazione accurata delle scorte in tutta la loro attività solo nel 70% dei casi (rispetto al 74% del 2022).
Gli acquirenti si aspettano che tutti i touchpoint siano connessi, agevoli e sempre più personalizzati. “Non sapere dove si trova un terzo del proprio stock, o che cosa si ha a disposizione, significa essere in possesso di un moltissime scorte che non vengono vendute, che vengono svalutate o, nel peggiore dei casi, buttate via”, ha commentato Henri Seroux, SVP EMEA di Manhattan Associates.
“È fondamentale che i retailer dispongano di soluzioni con la flessibilità e l’agilità necessarie per riconoscere e agire sui cambiamenti del comportamento dei consumatori in tempo pressoché reale. Grazie all’accesso a dati accurati, i retailer possono mettere nelle mani dei loro collaboratori informazioni utili, consentendo loro di valorizzare il percorso d’acquisto unico di ogni cliente”, ha proseguito Seroux.
Un commercio senza frizioni incontra un engagement più fluido
I consumatori sono desiderosi di attivarsi attraverso i canali online quando cercano di acquistare prodotti: l’84% inizia il proprio percorso di acquisto nel mondo digitale (82% nel 2022). Tuttavia, il 16% (17% nel 2022) dei retailer ha dichiarato che le operazioni in-store e online della propria organizzazione continuano a essere gestite come funzioni separate; ciò suggerisce che, sebbene di anno in anno un numero maggiore di retailer stia offrendo una shopping experience ibrida senza interruzioni, c’è ancora margine di miglioramento.
Per quanto riguarda il modo in cui i consumatori preferiscono contattare le aziende prima e dopo l’acquisto di un prodotto, nel complesso l’e-mail (47%) rimane il canale preferito, seguito dal contatto diretto con il team del negozio (43%). È interessante notare che i social media sono ora il canale preferito da quattro consumatori su dieci (40%), e questa preferenza è più probabile tra i consumatori più giovani, con un picco del 55% nel gruppo di età 25-34 anni.
Natalie Berg, retail analyst, autrice e fondatrice di NBK Retail, ha commentato: “La ricerca mostra che i retailer stanno facendo progressi con le esperienze omnichannel senza interruzioni. Poiché il ruolo dello store fisico si evolve al di là della semplice transazione, anche il compito dei collaboratori deve andare oltre la mera assistenza alla vendita. Armati delle giuste tecnologie e di dati accurati sullo stock e sui clienti, gli addetti al punto vendita hanno il potere di educare, ispirare e, in ultima analisi, fondare una brand loyalty di lunga durata, anche in tempi di fluttuazione economica”.
Proteggere le proprie tasche, ma anche il pianeta
La percezione, e a volte la realtà, che i prodotti green abbiano un prezzo più alto, fa sì che gli acquirenti privilegino acquisti di alternative a basso costo: solo il 45% dei consumatori considera la sostenibilità un fattore importante quando sceglie dove fare la spesa, in calo rispetto al 50% dello scorso anno.
Le generazioni più giovani sono più propense a prendere in considerazione gli sforzi ambientali/sostenibili di un retailer rispetto ai consumatori più anziani, con il 55% dei giovani tra i 18 e i 24 anni che li considera una condizione fondamentale o importante. Il 17% della fascia di età compresa tra i 24 e i 35 anni si è spinto oltre, affermando che eviterebbe i retailer che non sono attenti all’ambiente, mentre solo il 10% degli over 55 ha dichiarato che boicotterebbe gli stessi brand. La questione ambientale è molto sentita anche in Italia: ben il 53% dei consumatori preferisce optare per un’opzione di delivery eco-friendly al posto di una più economica, e con il 12% è il Paese che dà più importanza all’impatto ambientale quando sceglie le modalità di spedizione.
“Il futuro del nostro pianeta non è qualcosa su cui possiamo a scendere a compromessi come consumatori o retailer, ma ciò che risulta dall’indagine è che nell’attuale momento economico la convenienza ha la priorità sulla sostenibilità. La ricerca di quest’anno sottolinea l’importanza dell’unificazione del commercio omnichannel e della supply chain, come via per ridurre l’onere economico sui consumatori, ma anche come modo per affrontare l’impatto ambientale a lungo termine che il consumismo incontrollato sta avendo sul nostro pianeta”, ha concluso Seroux.