Non sempre lo storage ad oggetti è la panacea per i problemi aziendali. Infinidat e Gartner suggeriscono su quando e come usarlo
Tra i temi caldi del momento, che di certo non mancano, lo storage e come articolarlo nelle sue declinazioni, dal backup al disaster recovery, di certo occupa una tra le prime posizioni, complici anche le normative sulla conservazione e protezione dei documenti, la privacy e via dicendo.
Chi ha a che fare con lo storage, evidenzia in proposito Riccardo Facciotti, Regional Technical Director South Europe di Infinidat, ha anche certamente notato un aumento dei dibattiti relativi all’object storage, una sua variante che implica diverse considerazioni. Molti analisti lo posizionano ad esempio come la prossima grande novità per gestire la crescita continua dei dati non strutturati. Ciononostante cautela si impone, soprattutto quando il budget è risicato.
In proposito, le principali raccomandazioni fatte da Gartner nel suo report Critical Capabilities for Object Storage di Gartner sul come affrontare la questione dell’object storage sono:
- Scegliere lo storage a oggetti come alternativa allo storage a file e/o a blocchi quando è necessario gestire elevate capacità, ridurre i tempi di gestione e i costi di proprietà
- Realizzare depositi object storage on-premise pensando al cloud ibrido, e valutarne il supporto API e il livello di compatibilità.
- Selezionare i vendor di object storage che offrono un’ampia scelta di implementazioni (solo software, appliance, hosting gestito) e modelli di licenza (perpetua o su abbonamento).
- Formare gli sviluppatori sulle best practice relative alla progettazione delle applicazioni e alle considerazioni operative relative a un sistema di object storage.
Porre attenzione alle reali esigenze di object storage
Ci sono di certo interessanti funzionalità offerte dalle soluzioni di object storage (ricerca di metadati, accessibilità a livello globale, ecc.). Tuttavia, osserva Facciotti, i motivi più comuni dell’interesse da parte degli utenti sono la grande capacità di archiviazione a costi, perlomeno percepiti, inferiori.
Di fatto, la maggior parte dei dati on-premise non strutturati dei clienti viene archiviata su sistemi NAS. I dati sono accessibili da numerose applicazioni che utilizzano protocolli di file noti, come NFS e SMB. L’object storage si avvale di protocolli diversi come Amazon S3, OpenStack-driven Swift, CDMI SNIA-defined e alcuni proprietari.
La transizione delle applicazioni esistenti da un’interfaccia file ad una a oggetti è complessa. Di conseguenza, alcuni vendor di object storage offrono un “gateway file-protocol” che consente l’accesso NFS o SMB all’object storage sottostante, nascondendo all’applicazione i protocolli a oggetti.
«Recentemente ho parlato con un cliente che aveva chiesto informazioni sulla soluzione di object storage di Infinidat. La domanda che ho posto al cliente è stata: “Preferisci il protocollo S3 o Swift?” La risposta è stata: “No, abbiamo bisogno che supporti NFS, pensiamo solo che il costo dell’object storage sia inferiore», ha spiegato Facciotti commentando il fatto che a tutta evidenza il potenziale cliente era stato spinto verso qualcosa di nuovo di cui potenzialmente non aveva necessità da uan persuasiva campagna di marketing.
In sostanza, mette in guardia Facciotti e non è difficile essere d’accordo con lui, l’object storage può essere certamente allettante per coloro che desiderano investire in una nuova generazione di applicazioni e sfruttare funzionalità quali ad esempio i metadati elaborati e attività di ricerca complesse, ma in molti casi una soluzione NAS scalabile in grado di archiviare miliardi di file senza nessun impatto alle performance, caratterizzata da un costo interessante e un accesso familiare ai file, può rivelarsi una soluzione più adatta e meno onerosa.