Trasformare il dato in fattore produttivo e competitivo in quattro stadi d’avanzamento. Il 43% delle grandi imprese ancora fermo al primo stadio
Un effetto della cosiddetta digital transformation è l’aumento del valore attribuito al dato. Gli analytics prima e l’artificial intelligence sempre più in futuro, permettono di sfruttare appieno le informazioni, ma per questo, è necessario che le imprese si attrezzino per impiegare i dati come fattori produttivi.
Gli analisti di IDC precisano che le aziende devono sviluppare una cultura aziendale che sia centrata sul dato. In altre parole, occorre acquisire la capacità di “impiegare strumenti analitici avanzati, di visualizzare e interpretare relazioni implicite fra dati eterogenei, e di indirizzare tali competenze a un supporto immediato e costante dei processi decisionali”.
Tutt’altro che semplice, considerando che per molte imprese l’uso degli strumenti di business intelligence è rimasto a uno stadio iniziale. La business intelligence tradizionale non sempre è riuscita a fornire un supporto decisionale pienamente efficace,” limitandosi a rilasciare informazioni senza fornire indicazioni”, evidenziano in IDC.
Con la digital trasformation si può fare un salto quantico, passando dalla business analytics al machine learning e al deep learning.
Gli analisti della nota società di ricerca prevedono che entro il 2021 una grande impresa su quattro avrà realizzato un processo per l’interpretazione del dato, che saprà articolare un’ampia varietà di figure professionali specifiche e indipendenti. Così si potrà sfruttare al meglio l’informazione, cioè quello che in in IDC ritengono il fattore produttivo e decisionale del nuovo millennio.
Questo nel 2021 e su scala globale, ma in Italia il punto di partenza è poco confortante: secondo una ricerca IDC, realizzata su un campione di 172 imprese italiane di classe enterprise, il 43% di queste si trova nel primo di quattro stadi di “avanzamento”.
Questo significa che ancora non hanno completato la razionalizzazione dei propri sistemi e della strategia digitale e, conseguentemente, che tuttora non possono trarre un vantaggio competitivo concreto dai dati.
Un 25% delle grandi imprese è nel secondo stato, dove il dato è già considerato uno strumento indispensabile, ma solo per migliorare l’ automazione industriale. In pratica, spiegano in IDC, il dato in questo stadio assume valore solo se permette di automatizzare meglio i processi.
I due stadi più avanzati
Nel terzo e nel quarto stadio si trova un terzo circa del campione. Più precisamente, il 23% delle grandi imprese italiane stanzia nel terzo stadio, quello di chi impiega i dati per conseguire un vantaggio immediato sulla concorrenza, ma non necessariamente attraverso l’automazione, bensì migliorando i processi di pianificazione e controllo, che risultano così più efficaci.
Lo stadio più avanzato è stato raggiunto dal 9% delle enterprise italiane, quelle che IDC considera addentro nella fase di profonda trasformazione. Queste sono in grado di utilizzare i dati sia per automatizzare i processi sia per migliorare la pianificazione e il controllo e anche per competere sul piano dell’innovazione nel lungo periodo.
Il 30 maggio si terrà a Milano l’evento “Roadmap to Intelligent Enterprise: le nuove strategie per competere nell’economia della conoscenza” , organizzato da MicroStrategy in collaborazione con IDC e dedicato a CIO e innovation manager.
Durante l’evento quale saranno illustrate le nuove tendenze nell’ambito degli analytics, con gli esperti di MicroStrategy che parleranno delle esperienze su temi come il data-driven decision making e l’intelligence process workflow.