I dipendenti europei vorrebbero dall’azienda una formazione costante sulle tecnologie digitali, lo evidenzia una ricerca di Censuswide per conto di Ricoh
Digital transformation, smart working, tutti corollari della Smart Economy, sono termini che quando arrivano al dunque mostrano però qualche criticità, e la dimostrazione pratica della differenza che intercorre anche nell’IT tra il dire e il fare. I dipendenti Europei mostrano grande ottimismo verso il Digital Workplace e la trasformazione del modo di lavorare e produrre che questo implica, e hanno una posizione positiva verso l’introduzione delle nuove tecnologie digitali nel posto di lavoro per poter lavorare meglio ed essere più produttivi.
Non sono però tutte rose e fiori e le spine non mancano. Persiste un gap da colmare, come dimostra una ricerca di recente condotta da Censuswide finanziata da Ricoh. Realizzata l’Agosto appena trascorso ha coinvolto un campione molto ampio di 3.600 dipendenti di aziende europee di diversa dimensione e tessuto industriale, tra cui Francia, Germania, Italia, Spagna, Svizzera, Regno Unito e Irlanda.
Quello che emerge è degno di nota. Il 40% del campione ha osservato che la mancanza di competenze nel digital workplace frena l’innovazione tecnologica, quasi il settanta per cento vorrebbe ricevere maggiore formazione ed e poco meno del trenta per cento la percentuale di chi ritiene che la propria azienda investa a sufficienza per migliorare questo aspetto.
Se a livello generale in Europa si evidenzia una grande attenzione e sensibilità sia da parte delle aziende sia da parte degli enti pubblici che delle istituzioni comunitarie nei confronti della trasformazione digitale e dei suoi impatti sulla produttività, in uno scenario in cui l’automazione e l’Intelligenza Artificiale stanno cambiando profondamente il modo di lavorare, il rischio che si corre è che la carenza formativa nell’uso proficuo delle nuove tecnologie informatiche e di comunicazione portino a una riduzione dei benefici potenzialmente ottenibili. In sostanza ad una equazione meno formazione uguale meno ROI.
Quello che si evidenzia per il workplace dallo studio di Censuswide è che le aziende dovrebbero prendere in considerazione le persone che utilizzeranno le tecnologie e che gli investimenti risulterebbero vani se i dipendenti non verranno supportati adeguatamente per sviluppare le competenze necessarie a farli fruttare.
Un dato illustra più di tante parole la realtà riscontrata: otre un terzo del campione non si sente in grado di utilizzare correttamente anche le soluzioni hardware e software più semplici, come ad esempio Microsoft Office, le stampanti multifunzione e i pc. Se poi si passa a nuove tecnologie quali i sistemi per l’automazione di processi complessi la situazione è ancora meno rosea.
L’interesse per una maggior formazione volta a permettere al dipendente di far miglior uso delle nuove tecnologie è solo in parte mosso dal desiderio di aumentare la propria produttività. Esiste anche una componente definibile come sociale e di timore generazionale. Sette su dieci dei dipendenti si è dichiarata convinta, di certo non a torto, che i più giovani siano maggiormente portati ad utilizzare le nuove tecnologie e di conseguenza un terzo di loro teme che questo a breve possa mettere in forse il loro posto di lavoro.
«Nonostante si parli spesso della possibilità di essere sostituiti da robot, i lavoratori europei vedono la tecnologia come una grande opportunità e non come una minaccia. In ogni caso non basta fare in modo che le persone acquisiscano maggiore sicurezza nell’utilizzo delle nuove tecnologie. L’implementazione del Digital Workplace richiede infatti competenze e capacità da parte dell’azienda di comprendere i bisogni dei dipendenti. Coinvolgerli e interagire con loro in ogni fase del progetto è quindi fondamentale», ha osservato Javier Diez-Aguirre, VP Corporate Marketing di Ricoh Europe,: