Come creare valore dal Cloud

Secondo una studio McKinsey si evidenzia l’efficacia dell’Intelligenza Artificiale generativa nel modello as a service: accelera la migrazione applicativa, prepara le app legacy, riduce costi e tempi e spiana la strada a nuovi modelli di business

Fin da quando, ormai molti anni fa, sono incominciate le prime implementazioni cloud si è visto che il raggiungimento della flessibilità operativa prevista non era compito semplice così come invece appariva nelle più rosee promesse. Anche la capacità legata al cloud di poter mettere a punto risposte tecnologiche (Iaas e Paas) e applicative (Saas) che supportassero meglio e con rapidità nuove strategie di innovazione dei modelli di business, doveva fare i conti con costi di migrazione, complessità organizzative, revisioni di processo e nuove competenze legate alla transizione applicativa, che mettevano a serio rischio il tanto agognato Roi legato a questa nuova architettura.

Questo non significa certo mettere oggi in dubbio un passaggio architetturale ormai acquisito e inevitabile. Il cloud continua infatti a essere la risposta primaria per poter sviluppare rapidamente e a costi accettabili nuovi business e nuovi business model e pur nella variabilità dei vari settori, McKinsey ha stimato che nelle aziende Global 2000 il cloud rappresenti tutt’ora una opportunità per un incremento di profittabilità in media tra il 20 e il 30%. Quasi un terzo dell’aumento del valore dell’Ebitda nell’indice azionario statunitense S&P 500 degli ultimi 10 anni è provenuto da sole otto società native digitali che utilizzavano un’infrastruttura cloud. E mentre molte aziende tendono a una simile ottimizzazione tecnologica, i risultati sono stati ben al di sotto delle aspettative: solo il 10% delle aziende dell’indice S&P ha dichiarato infatti di acquisire valore significativo e “strutturale” dagli investimenti effettuati nel cloud.

Questa situazione legata soprattutto alla complessità delle fasi di transizione cloud e al mantenimento dell’efficacia di questa soluzione, ha inevitabilmente rallentato il tasso di adozione a questo modello. Attualmente, sempre secondo McKinsey, circa il 15-20% delle applicazioni di medie e grandi aziende sono in cloud, anche se sono anni che queste imprese hanno effettuato un importante passaggio a questa architettura. Non è nemmeno così certa l’ondata di transizione verso la “nuvola” descritta negli ultimi anni in letteratura: McKinsey, nelle aziende profilate per questa ricerca, ha rilevato un’adozione cloud negli ultimi 12 mesi (2023) tra il 5 e il 10%. Tuttavia l’interesse al passaggio, per motivi di flessibilità, velocità e relativa convenienza è chiaro: quasi l’intero campione che compone le 80 grandi aziende profilate da McKinsey per il proprio CloudSights Database punta a portare in cloud il 50% delle proprie applicazioni entro tre anni e la maggior parte del proprio parco applicativo in cloud entro i prossimi cinque.

Il problema di questo gap tra aspettative ed effettiva adozione è sempre lo stesso: passare da architetture e processi pensati per sistemi informativi on premise ai nuovi modelli tecnologici e di processo legati al cloud, con velocità e cambiamenti continui, è difficile. Serve una trasformazione organizzativa e culturale in ottica “Agile”, legata cioè a uno sviluppo applicativo e a una gestione tecnologica basata su processi meno strutturati, gruppi di lavoro più snelli, processi ricorsivi e migliorativi “in continuum”, tutti aspetti di non facile introduzione in aziende che ancora oggi faticano a ripensare organizzazioni, tecnologie e modelli culturali cresciuti in una logica di silos. Si tratta di passaggi che impegnano tempo e risorse. Portare business critical application in ambiente cloud garantendo elevati livelli di sicurezza, performance, scalabilità ed efficienza, può costare centinaia di milioni di dollari per l’IT di una media azienda e nell’ordine di qualche miliardo di dollari per una large enterprise, spostando così, secondo stime McKinsey, il breakeven dell’investimento cloud tra i 5 e i 7 anni. Intanto il business day by day deve ovviamente continuare.

L’AI generativa per supportare la cloud migration

McKinsey ha riunito nell’autunno 2023 circa 80 CTO e cloud program leader per discutere di questa difficile equazione “investimenti cloud-ritorni in tempi sostenibili”, ed è emerso un forte interesse per l’utilizzo di programmi di AI generativa come soluzione a supporto e ad accelerazione. Per almeno due elementi:

il primo è legato all’utilizzo del cloud per supportare iniziative di AI generativa che necessitano, soprattutto in progetti di una certa complessità, della capacità computazionale, storage e networking scalabile che solo il cloud può offrire. Una scalabilità a livello di enterprise cloud di difficile realizzazione invece con un approccio di progetti-pilota molto limitati e gestiti da gruppi di sviluppo isolati dall’organizzazione IT.

il secondo, ancora più interessante, è invece legato all’utilizzo dell’AI generativa per accelerare l’implementazione di progetti cloud. Già i primi sforzi per applicare l’AI generativa a processi di application remediation (prioritizzazione, check qualità e security, test di vulnerabilità e penetrazione e così via) e di migrazione al cloud hanno rilevato una diminuzione di circa il 40% in tempi e investimenti necessari. Tutta una serie di preparazioni delle applicazioni diverse a seconda del tipo e della criticità per il business potranno essere infatti effettuate dall’AI generativa, con la creazione di nuovi flussi di lavoro end to end ottimizzati partendo da una migrazione intelligente dei tradizionali flussi operativi esistenti.

Approfondiremo brevemente questi secondi aspetti perché sono proprio quelli su cui le imprese oggi si incagliano, con tempi e costi di migrazione che rallentano l’efficacia del passaggio al cloud e perché l’innovazione del business passa necessariamente da questa architettura: attraverso un complesso calcolo si stima infatti che il valore generato dal cloud, consentendo una rapida innovazione ed efficienza, è di almeno cinque volte superiore a ciò che si può ottenere attraverso la semplice riduzione dei costi IT.

Dal campione McKinsey emergono almeno tre punti-chiave per accelerare il Roi:

  • lavorare a stretto contatto con i business leader per concorrere, attraverso la tecnologia cloud, alla creazione di valore;
  • costruire una robusta infrastruttura cloud;
  • adottare un modello operativo product oriented.

Tuttavia gli errori e gli impedimenti a questa transizione sono numerosi: progetti con focus primario sul risparmio e sull’efficienza che lasciano invece in seconda battuta la creazione di valore e l’innovazione del modello di business; architetture non efficacemente integrate e spesso ridondanti; lento passaggio applicativo (in genere solo al raggiungimento del 50% di applicazioni in cloud si arriva a pareggio dell’investimento). L’accelerazione legata all’utilizzo di programmi di AI generativa per la migrazione al cloud sta rilevando dati importanti: nello sviluppare in tempi rapidi nuovi modelli di business, riducendo i tempi e i costi di migrazione e preparazione applicativa e soprattutto migliorando la produttività dei team di sviluppo applicativo e infrastrutturale in cloud. McKinsey ha stimato che questi tool possono migliorare il Roi di programmi cloud da 75 a 110 punti percentuali, piuttosto che produrre aumenti di produttività, di prototipazione e distribuzione di nuovo codice dal 30 al 50%.

Queste funzionalità dovranno essere integrate, a livello di servizi utilizzabili in modo automatico, nei progetti e nei processi di migrazione cloud, comprese quelle attività di suggerimento di nuovi processi derivati da casi utente di successo che, applicati in differenti modi a seconda delle dimensioni di azienda e dei settori merceologici, rappresentano un nuovo “engine” di accelerazione nella migrazione cloud. Ovviamente l’efficacia di questi supporti alla cloud migration è in stretto rapporto al livello di maturità di adozione cloud di ogni azienda. Se ad esempio i Foundation Model basati sui dati dei clienti sono già in cloud, risulta più rapido, economico e semplificato procedere nelle fasi di addestramento dei sistemi e distribuire poi più facilmente in cloud attività e servizi di AI generativa.

A supporto dell’attività umana e non in sua sostituzione

Importante notare che in questi primi utilizzi di AI generativa a supporto di infrastrutture, programmi e architetture, l’approccio non è mai di automazione incontrollata. Soprattutto si tratta di servizi che sono di aiuto e affiancamento all’attività operativa delle varie funzioni coinvolte nella migrazione cloud: nelle fasi di Discovery e Assessment, ad esempio, i tools di AI generativa analizzano milioni di linee di codice e le traducono in linguaggi semplificati per capire meglio i rapporti esistenti tra i vari blocchi di codice e le funzioni correlate. Nel Planning possono supportare l’identificazione, attraverso una rapida mappatura, di quale codice e con quali priorità debba essere sottoposto alla modernizzazione in relazione agli obiettivi definiti e al tipo di nuove funzionalità da integrare. Infine, nella Conversione, si occupano di aiutare gli sviluppatori a tradurre codice in un linguaggio semplificato, generare codice nel linguaggio target e provvedere a tutte le verifiche affinché il nuovo codice operi correttamente e in modo migliorato rispetto a quello di partenza. E gli utilizzi sono ancora numerosi. Afferiscono a quell’area, non solo legata alla migrazione cloud ma che potremmo definire architetturale dei sistemi informativi, nella quale la complessità sistemistica in continuo aumento, necessita di supporti tecnologici che migliorino i tempi, riducano i costi e supportino la ricerca e la creazione di una nuova conoscenza. Che poi sarebbe proprio questo uno dei compiti più interessanti dell’Intelligenza artificiale.

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