In alto a destra nel quadrante Gartner degli horizontal portals, la società open source, nata in una sacrestia, cresce in Italia attirando partner e clienti
Ora che si parla di digital transformation in ogni dove, non stupisce che la società open source Liferay attiri molta attenzione, visto che della digital experience ha fatto il proprio core business e questo nel 2004, lo stesso anno in cui nasceva Facebook e l’IT stava interrogandosi sulla consistenza dell’allora new economy.
Adesso che l’interazione digitale impera, Liferay è sulla cresta dell’onda, grazie a una piattaforma integrata in grado di rendere omogena la digital experience di clienti, partner e utenti aziendali. Non a caso Liferay è stata inserita da Gartner nel quadrante dei leaders per gli “Horizontals Portals”, appena sotto IBM e sopra Microsoft.
La Digital Experience Platform (DXP) di Liferay è ora cresciuta in una suite che comprende la DXP Enterprise 7.0, Liferay Marketplace, Mobile Experience, Asset e Tools.
Integrazione legacy e mobile first, punti di forza di Liferay
Primo elemento distintivo di Liferay, da un punto di vista tecnologico è la sua natura open source (unica open source nel suddetto quadrante), che si appoggia su una community di oltre 150mila sviluppatori.
Il secondo punto di forza consiste nella capacità d’integrazione nativa, come ci spiega Andrea Diazzi, Business Development Manager Italy di Liferay: «La piattaforma DXP consente di realizzare portali, intranet ed extranet mettendo al centro l’utente, sia esso un operatore dell’azienda, un cliente, un partner. Secondo il ruolo potrà effettuare tutte le operazioni previste per quest’ultimo, mantenendo omogenea l’experience».
In pratica un’unica esperienza dal cliente al venditore all’operatore di backend, il tutto integrato con le piattaforme legacy.
Questo permette di evitare, esemplifica Diazzi, di essere riconosciuti all’accesso e, successivamente, di dover reinserire i propri dati o confermarli all’operatore, avanzando nel processo di gestione del ticket.
La tecnologia Liferay, oltre a integrare le componenti legacy dei processi IT, grazie all’uso di sistemi container, docker, micro servizi e quanto oggi offre il mondo software di nuova generazione, è anche basata su una logica mobile first per, per garantire un’experience coerente a chi accede ai servizi digitali da dispositivo mobile (già oggi una parte importante se non preponderante degli utilizzatori).
Altro aspetto importante è il basso TCO, garantito dalla “riciclabilità” delle componenti open source, a partire dallo stack.
Un approccio aperto e responsabile
Una tecnologia all’avanguardia, dunque, che sarebbe da tempo finita nel portafoglio di una qualche big del settore, se non fosse che i cinque soci fondatori, tutti di origine coreana ma trapiantati in California, rifiutano sistematicamente le offerte di acquisizione.
I soci restano fedeli al modello open source, convinti che sia l’approccio migliore per lo sviluppo di una piattaforma sempre innovativa, finanziandosi attraverso le sottoscrizioni alla versione enterprise della piattaforma e lasciando libero accesso al codice per quella community.
A questo, però, i soci di Liferay abbinano anche una filosofia aziendale fortemente orientata alla “social responsability”. Basti considerare che a ciascun dipendente (attualmente oltre 500, con la revisione di arrivare a 800 entro l’anno prossimo) spetta una settimana pagata da dedicare a progetti di volontariato sociale. A ciò si aggiungono donazioni annue generose.
Un impegno che si potrebbe immaginare “caritatevole”, forse influenzato dalle origini della società, che è stata fondata sì in California, ma non in un garage, secondo “tradizione”, bensì in una sacrestia. Il tutto, infatti, è nato con un progetto per la parrocchia, che ha dato il via all’inventiva dei soci.
L’apertura della piattaforma la rende anche molto flessibile, permettendo di realizzare soluzioni per svariati settori economici. Liferay vanta infatti clienti in Italia e nel mondo sia in ambito privato sia pubblico (in Italia ha beneficiato molto la spinta legislativa verso l’open source).
Diazzi non può citare molti nomi e cognomi, ma i clienti spaziano dal finance alle telecomunicazioni, al retail e così via. Il numero è in crescita, così come cresce l’interesse dei partner (attualmente una decina in Italia), dai system integrator più grandi, alle software house più piccole.
La piattaforma è installabile on premise o in cloud e, nel 2018, sarà disponibile anche in versione as a service, limitatamente alle componenti per le campagne marketing.