Le principali tipologie di problemi legati all’IT che un’azienda e un CIO si trovano a dover affrontare oggi per restare competitive sono tre.
La prima è costituita dalla velocità necessaria. I processi aziendali e l’IT che li abilita e supporta devono essere in grado di garantire aspetti quali il Time to market, il Time to develop, il Time to deploy, il Time to manage e, visto che quello è l’obiettivo di ogni azienda, il Time to benefit. Soddisfacendo questi requisiti è possibile disporre di un’azienda efficiente, attenta al mercato e di un adattamento dinamico alle richieste del business.
Una seconda tipologia è inerente ai costi da sopportare, raggruppabili in quattro tipologie e aree specifiche: ICT, personale, processi, infrastrutture. La risposta all’esigenza di intervenire su quest punti porta alla necessità di disporre di un’infrastruttura che sia allo stesso tempo ottimizzata e virtualizzata.
Un terzo aspetto è inerente le applicazioni di business, da quelle Web al CRM, dall’ERP alla business intelligence. Per queste, il punto irrinunciabile è la necessità di garantirne la sicurezza e le prestazioni.
Il cloud è il modello che abilita tutto ciò, ponendo le condizioni per dispiegare applicazioni e servizi agili e scalabili ai ritmi imposti dal mercato, generare valore per l’azienda, erogare nuove esperienze d’uso al cliente, garantire flessibilità e favorire mobilità e servitizzazione.
Per questo motivo i CIO si sono indirizzati verso un approccio “cloud first” o, perlomeno, “cloud also” per supportare le nuove iniziative di business delle proprie aziende, considerando il cloud come imprescindibile per il raggiungimento degli obiettivi di trasformazione digitale.
Un approccio per fasi
Naturalmente, le aziende devono anche tener conto della realtà esistente e delle esigenze di salvaguardia degli investimenti già attuati in IT e nei processi di business. Questo suggerisce un approccio graduale.
Una prima fase è inerente alla salvaguardia di tutti i workload in modo che siano sempre ripristinabili. A seguire avviene una fase di aggregazione per garantire la protezione e la disponibilità dei dati in ambienti cloud evoluti come il multi cloud.
Una terza fase interessa la visibilità e comprendere soluzioni atte a permettere un miglioramento nella gestione dei dati in ambienti multi cloud ricorrendo a un controllo unificato dell’utilizzo, delle prestazioni e operatività, a cui aggiungere monitoraggio, ottimizzazione delle risorse, capacity planning e intelligenza integrata.
Una quarta fase in questo percorso è l’orchestrazione di risorse e processi che, tramite un motore dedicato, permetta di movimentare automaticamente e in sicurezza i dati all’interno degli ambienti multi cloud e assicurare la continuità del business, la compliance alle normative, la sicurezza e l’utilizzo ottimale delle risorse IT.
A quelle illustrate può poi seguire, a completamento, una fase di automazione in cui siano i dati stessi che, tramite tecnologie di Pattern recognition e Machine learning, provvedano ad autogestirsi, imparando a duplicarsi, spostarsi verso il sito e il cloud più adatto in base alle esigenze eli business, nonché a proteggersi in caso si rilevino di attività anomale e a ripristinarsi in modo istantaneo.
Come spostare le applicazioni
Un altro punto da affrontare è cosa mantenere sul cloud interno e cosa è spostabile sul cloud esterno. Esistono aspetti legali che possono impedire l’esportazione di dati dal cloud aziendale e rendere impraticabile l’adozione di servizi erogati da un cloud pubblico, soprattutto quando non è chiaro dove questi dati finiranno con l’essere elaborati o in che silos di storage conservati, o come verranno eliminati dal sistema una volta esaurita la loro funzione.
Il compito dell’organizzazione IT, una volta che a livello aziendale si è deciso di migrare verso una soluzione basata su cloud, consiste non solo nell’assicurare la praticabilità delle applicazioni e il raggiungimento degli obiettivi di efficienza e risparmio prefissati, ma anche nel garantire che la migrazione possa avvenire nel modo più trasparente possibile per gli utenti aziendali e i client sia interni che esterni (per esempio gli utenti mobili).
Ciò richiede, da una parte, tecnologie innovative a livello client, che devono essere dotati di funzionalità che ne permettano un forte controllo dello stato di funzionamento e la possibilità di una gestione centralizzata, oltre che la disponibilità di un elevato grado di sicurezza e di protezione dei dati scambiati tramite la rete; dall’altra, un’accurata pianificazione degli step da implementare.
Un altro compito che compete al settore IT è il secondo passo, quello di spostare progressivamente dal cloud interno a quello pubblico le applicazioni che possono apportare benefici di business in modo da diminuire gradualmente le dimensioni e l’impatto sull’azienda dell’infrastruttura fisica IT per quanto concerne problemi di manutenzione, spazi richiesti e consumi energetici.
È un passaggio che richiede che si analizzi come bilanciare in modo adeguato, come utilizzare e come suddividere le applicazioni nelle tre aree tipiche di una infrastruttura allargata sino a comprendere servizi di tipo Public cloud e in dettaglio: piattaforme convenzionali, piattaforme cloud aziendali, piattaforme cloud pubbliche.
Alcune applicazioni continueranno, tuttavia, a fruire di canali dedicati; si pensi, per esempio, ad applicazioni connesse al credito o ai pagamenti elettronici, così come continueranno a essere fruite in modo convenzionale applicazioni strettamente connesse a uno specifico tipo di infrastruttura hardware
Quella che, invece, può essere pianificata è una migrazione progressiva delle applicazioni sia verso un cloud privato sia pubblico, con applicazioni che possono essere fruite sin dall’inizio su cloud pubblico e altre che invece, in attesa di garanzie legali o la disponibilità di adeguate interfacce standard, possono essere momentaneamente parcheggiate su cloud privato.
Va considerato che un cloud a livello privato può già disporre di per sé di molte delle funzionalità che sono caratteristica tipica di uno pubblico. L’adozione iniziale di un cloud privato per alcune applicazioni permette in ogni caso di mettere a punto i processi di tariffazione e iniziare a responsabilizzare gli utenti interni, anticipando quindi quello che è uno degli obiettivi principali alla base dell’adozione di un Public cloud.
Contemporaneamente, consente anche di valutare se ci sono reali benefici nello spostare un determinato servizio su un cloud pubblico o se, al contrario, non convenga di più mantenerlo su quello privato.