Impostazioni predefinite insicure in Intel AMT consentono di bypassare psw di utente e BIOS e di creare backdoor sui notebook aziendali. Lo evidenzia F-Secure
A sentire i continui rischi che corre la sicurezza a seguito di problemi hardware e software dei notebook verrebbe voglia di ritirare fuori dall’armadio la vecchia Olivetti Lettera 32, garantita antihacker.
Il desiderio è di certo rafforzato da quanto ha scoperto F-Secure per quanto concerne i notebook aziendali. L’azienda di sicureezza ha infatti segnalato una problematica di sicurezza che riguarda la maggior parte dei notebook aziendali, e che permette a un attaccante che abbia accesso fisico al dispositivo di creare una backdoor in meno di 30 secondi.
In pratica, la falla scoperta consente all’attaccante di poter fare a meno delle credenziali, incluse le password del BIOS e di Bitlocker e il PIN del TPM (Trusted Platform Module), e di ottenere un accesso remoto per sfruttare quel dispositivo in un secondo momento. Questa problematica è presente nell’Active Management Technology (AMT) di Intel e colpisce potenzialmente milioni di notebook nel mondo.
La problematica di sicurezza “è piuttosto semplice da sfruttare, ma ha un potenziale distruttivo incredibile”, ha dichiarato Harry Sintonen, che in qualità di Senior Security Consultant in F-Secure ha condotto indagini in merito. “In pratica, può fornire all’attaccante un controllo completo sul notebook aziendale di un utente, nonostante le più costose misure di sicurezza poste in essere.”
Attenti a chi fa manutenzione
Il tutto partirebbe dal fatto che Intel AMT, osserva F-Secure, è una tecnologia per la manutenzione e il monitoraggio di personal computer aziendali tramite accesso remoto, creata per permettere ai dipartimenti IT o ai fornitori di servizi gestiti (MSP) di controllare meglio le flotte di dispositivi.
La tecnologia, che si trova comunemente nei notebook aziendali, è stata chiamata in causa in passato per alcuni punti deboli che presenta a livello di sicurezza, ma la semplicità con cui è possibile sfruttare questa nuova particolare problematica la distingue dai casi emersi in precedenza. Si tratta infatti di un punto debole che può essere sfruttato in pochi secondi senza dover scrivere una singola linea di codice.
L’essenza di questo problema di sicurezza sta nel fatto che impostare una password del BIOS – che solitamente evita che un utente non autorizzato possa avviare il dispositivo o apportarvi modifiche a basso livello – non previene accessi non autorizzati all’estensione BIOS per la configurazione dell’AMT. Questo permette a un attaccante di riconfigurare l’AMT e rendere il dispositivo vulnerabile da remoto.
Basta un CTRL-P e la strada è aperta
Tutto ciò che un malintenzionato deve fare, spiega Sintonen, è riavviare o accendere il computer preso di mira e premere CTRL-P durante il riavvio. L’attaccante poi può loggarsi in Intel Management Engine BIOS Extension (MEBx) usando la password di default “admin”, poiché questa password non viene quasi mai cambiata sulla maggior parte dei notebook aziendali. Può poi cambiare la password, abilitare l’accesso remoto e impostare l’opt-in dell’utente di AMT su “Nessuno”.
L’attaccante può quindi ottenere accesso remoto al sistema sia da reti wireless che cablate, finché è capace di inserirsi sullo stesso segmento di rete della vittima. Un accesso al dispositivo è anche possibile dall’esterno rispetto alla rete locale attraverso un server CIRA (Client Initiated Remote Access) comandato dall’attaccante.
Sebbene l’attacco iniziale richieda un accesso fisico al dispositivo, Sintonen ha spiegato che la velocità con cui può essere compiuto lo rende facilmente eseguibile in uno scenario che in inglese viene definito ‘evil maid’.
“Immagina di lasciare il tuo notebook nella camera di un albergo mentre esci per un drink. Un malintenzionato può entrare nella tua stanza e configurare il tuo notebook in meno di un minuto: ora, quando usi il tuo notebook sulla rete wireless dell’hotel, l’attaccante ha accesso al tuo dispositivo. E dal momento che il tuo computer si connette alla VPN aziendale, l’attaccante può ottenere accesso alle risorse dell’azienda”, osserva Sintonen, che sottolinea che basta un minuto di distrazione da parte dell’utente in un aeroporto o in un bar per permettere a un attaccante di colpire il notebook incustodito.
Sintonen si è accorto di questa problematica già a luglio 2017 e precisa che anche un altro ricercatore ne aveva già parlato in un talk. Per questo motivo è particolarmente importante che le organizzazioni siano a conoscenza di questi default insicuri, così che li possano risolvere prima che vengano sfruttati dai criminali. Sintonen ha anche spiegato che una simile vulnerabilità era stata scoperta in precedenza dal CERT-Bund ma riguardava l’USB provisioning.
La problematica riguarda la maggior parte, se non tutti, i notebook che supportano Intel Management Engine/Intel AMT. Non è correlata invece, una nota finalmente positiva, alle vulnerabilità Spectre e Meltdown recentemente scoperte.
In proposito Intel raccomanda ai vendor di richiedere la password del BIOS per il provisioning di Intel AMT. Tuttavia, sembra, molti produttori di dispositivi non seguono questo suggerimento.
Cosa fare per tutelarsi
Quello che si può fare, suggerisce F-Secure, è quanto segue.
Per gli utenti finali
- Non lasciare mai il tuo notebook incustodito in uno spazio non sicuro come un luogo pubblico.
- Contatta il tuo service IT per gestire il dispositivo.
- Se ti occupi da solo del tuo notebook che usi per lavoro, cambia la password AMT con una più forte, anche se non pensi di usare AMT. Se esiste un’opzione per disabilitare AMT, usala. Se la password è già impostata su un valore sconosciuto, considera il dispositivo sospetto.
Per le organizzazioni
- Regola il processo di provisioning del sistema per includere l’impostazione di una password AMT avanzata, e disabilita AMT se è disponibile questa opzione.
- Controlla tutti i dispositivi attualmente in uso e configura la password AMT. Se la password è già impostata su un valore sconosciuto considera questo dispositivo sospetto e avvia una procedura di incident response.