Open innovation: pilastro strategico per le imprese moderne

Le aziende puntano sempre più sull'open innovation collaborando con partner esterni. Per rimanere competitive, devono costantemente aggiornare processi, tecnologie e competenze interne, rendendo l'innovazione condivisa una priorità strategica.

L’open innovation è un concetto che ha rivoluzionato il mondo aziendale sin dal 2003, quando il professor Henry Chesbrough dell’Università della California ha coniato il termine. Da quel momento, le aziende hanno progressivamente adottato nuove metodologie, strumenti e approcci culturali per favorire l’innovazione collaborativa con attori esterni al perimetro aziendale.

Questa sinergia con partner esterni, seppur essenziale, rappresenta una sfida costante per le imprese. In un mercato in continua evoluzione, caratterizzato da repentini cambiamenti della domanda, crisi socio-economiche, pandemie e guerre, la velocità di risposta e la flessibilità operativa diventano fattori cruciali per mantenere la competitività. Solo attraverso un’integrazione efficace con modelli di open innovation è possibile affrontare queste sfide.

Le modalità di open innovation sono varie e adattabili alle esigenze specifiche di ogni azienda. Si va dalle collaborazioni tradizionali, basate su feedback continui da clienti e fornitori, all’integrazione di partner esterni per progetti strutturali di innovazione continua. Secondo lo studio “Italian Open Innovation Lookout 2024” della School of Management del Politecnico di Milano, un elemento chiave per il successo è la vera integrazione con i partner esterni. Senza un’adozione culturale profonda che influenzi processi aziendali e modelli di relazione con l’ecosistema, ogni tentativo di open innovation è destinato a fallire.

Strumenti per l’open innovation e la flessibilità aziendale

L’innovazione richiede strumenti avanzati e processi agili. Le aziende, oggi, possono sfruttare una vasta gamma di soluzioni cloud per la condivisione di dati, l’analisi, il project management e la collaborazione (UCC – Unified Communication and Collaboration). Tra i processi più efficaci per gestire l’innovazione, si distinguono le metodologie Agile, nate per ottimizzare lo sviluppo software e ora estese all’organizzazione aziendale. L’approccio Agile, con team piccoli, multifunzionali e auto-organizzati, permette alle aziende di adattarsi rapidamente ai cambiamenti e di migliorare continuamente.

Il mercato dell’open innovation in Italia

In Italia, il mercato dei servizi legati all’open innovation vale circa 696 milioni di euro. Un recente studio ha identificato 398 organizzazioni attive nel settore, suddivise in 25 categorie di Service Provider, che rappresentano un ecosistema complesso e competitivo. Tra i principali attori vi sono gli Innovation Center, le società di consulenza, gli incubatori e acceleratori, e le startup. In particolare, i Corporate Innovation Hub generano circa 290 milioni di euro, contribuendo al 40% del valore totale del mercato.

Corporate venturing: un approccio strategico all’innovazione

Uno dei trend emergenti nel panorama dell’open innovation è il corporate venturing, un processo che permette alle aziende di innovare collaborando con startup e venture esterne. Attraverso il corporate venture capital e il corporate venture clienting, le imprese possono sviluppare nuove tecnologie, servizi e prodotti in partnership con startup. In questo contesto, modelli come il Venture Builder e lo Startup Studio offrono soluzioni plug & play, facilitando la nascita di nuove imprese.

Tuttavia, la gestione delle collaborazioni con le startup non è priva di sfide. Differenze culturali e organizzative tra le aziende e le startup possono ostacolare il processo di innovazione. È quindi fondamentale che le imprese sviluppino competenze e processi adeguati per garantire una collaborazione efficace e produttiva.

Il futuro dell’open innovation

L’open innovation rappresenta una delle strategie più promettenti per le imprese che desiderano rimanere competitive in un mercato in rapida evoluzione. Tuttavia, per avere successo, è necessario adottare un approccio strutturato e misurabile. L’uso di KPI aggiornati e metriche di controllo permette di valutare l’efficacia delle strategie di open innovation e di apportare miglioramenti continui.

L’open innovation dunque è destinata a diventare un pilastro sempre più centrale per le imprese, in particolare in un contesto dove l’innovazione continua è essenziale per affrontare le sfide future legate alla sostenibilità aziendale e alla transizione ecologica.

Gli ostacoli da superare

Sulla base di un’analisi degli errori ricorrenti commessi dalle aziende, la gran parte, che non sono riuscite ad attuare una piena open innovation (progetti non conclusi, scarso impatto sui fatturati, e così via), il gruppo del Politecnico ha messo a punto un toolkit operativo con un insieme di azioni da implementare basate sulle best practice e sugli errori raccolti durante le interviste e i casi studio. Ecco allora alcuni tra gli elementi utili da considerare:

  • Serve costruire un proprio approccio all’open innovation in modo che possa riflettere l’identità aziendale e rispondere così efficacemente alle esigenze di innovazione interne.
  • La resistenza al cambiamento non è solo un freno culturale ma spesso dipende dalla mancanza di comunicazione efficace che riduce il flusso di idee innovative e limita il potenziale delle collaborazioni aziendali.
  • La trasformazione dei confini tradizionalmente chiusi dell’organizzazione in modelli flessibili e permeabili alle innovazioni esterne determina un impatto ampio sull’azienda e deve condizionare e coinvolgere ogni area, unità organizzativa, livello gerarchico. Serve stabilire processi di cambiamento strutturati.
  • Vanno identificate alcune risorse chiave, persone e team focalizzati nella ricerca di soluzioni esterne e in grado di guidare un processo di integrazione in azienda. Devono essere messi a punto processi per selezionare e assimilare idee innovative nonché definite strutture per supportare il coordinamento e l’apprendimento organizzativo.
  • Bisogna diffondere nell’impresa un mindset aperto all’innovazione. La scusa al rifiuto del cambiamento si nasconde spesso dietro ostacoli organizzativi, facilmente ridefinibili. Si tratta di lavorare su tre diversi livelli di barriere: culturali e individuali (resistenze al nuovo, mancanza di una mentalità orientata all’innovazione e di fiducia nei confronti di nuove idee); organizzative e manageriali (rigidità delle strutture gerarchiche; mancanza di supporto da parte del top management da cui deriva una cultura aziendale poco favorevole all’innovazione); tecniche e processuali (adozione di nuove piattaforme tecnologiche e talvolta ridisegno parziale delle architetture informative e applicative per favorire la trasversalità dei contenuti e delle informazioni; accanto a questo vanno ripensati in parte, sempre nel comparto tecnologico, i processi e le tecnologie non allineati a un approccio di open innovation).
  • La scelta dei partner e le modalità di interazione sono fondamentali. La portata e la profondità di queste collaborazioni influenzano molto la capacità innovativa di un’impresa; serve creare un ambiente di lavoro condiviso, con meccanismi e tecnologie efficaci di comunicazione, coordinamento e di accordo tra le parti.
  • Vanno rimossi comportamenti opportunistici, disallineamenti sugli obiettivi e differenze culturali. Inoltre, la mancanza di ruoli e responsabilità chiari nonché di processi operativi dedicati e formalizzati può compromettere il successo di una collaborazione. Serve curare l’ecosistema delle relazioni con azioni di condivisione e coinvolgimento su regole e standard comuni.
  • Vanno ricercate competenze specialistiche nell’area dell’innovazione organizzativa e competenze nell’area contrattuale e della compliance per supportare la gestione degli aspetti burocratici nelle partnership. Serve anche evitare un’eccessiva complessità e livello di dettaglio nella definizione dei contratti legali per favorire flessibilità nella gestione della collaborazione.

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