Fabbriche di chip: dove troveremo il personale?

Condividi

La guerra dei chip sta producendo effetti mediatici visibili, spesso con acquisizioni tentate e non riuscite, accordi pieni di avverbi e scarsi di date e anche semplici fake news. Dopotutto si tratta di un settore molto tecnico.

Per quanto ampi, gli effetti mediatici sono ridotti se paragonati a quelli economici in arrivo. I chip sono forse la tecnologia più complessa attualmente al mondo. Per svilupparli e produrli servono molte nuove fabbriche da costruire con tutte le relative filiere. Europa ed USA stanno tentando il reshoring, ovvero il ritorno della produzione sul proprio territorio.

Certo servono soldi e competenze. Ma principalmente, la produzione richiede molto capitale umano. Ciascuna di queste fabbriche di chip delle quali si parla richiede molti soldi, un investimento di una decina di miliardi (euro o dollari, fate voi) per quelle più avanzate. Per quelle secondarie basta meno.

Certamente sono necessarie determinate condizioni di approvvigionamento di materiali e macchinari, due filoni anch’essi mediaticamente trattati molto, e molto male.

Ma soprattutto ci vogliono migliaia di persone in grado di far funzionare ciascuna fabbrica. Per esempio, la fabbrica tedesca di TSMC che produrrà CMos a 28/22 nanometri su wafer da 300 mm e FinFET a 16/12 nanometri (su wafer presumibilmente più piccoli) richiederà almeno 2.000 ingegneri esperti.

Si tratta di personale specializzato, un bene di cui l’Europa e anche gli Stati Uniti cominciano a essere privi. Si tratta di macroregioni abitate da alcune centinaia di milioni di abitanti e con un sistema formativo inerte.

E’ quindi più ragionevole che migliaia di lavoratori specializzati si trovino in aree da 1,5 miliardi di abitanti, ovvero in India o in Cina. Ma non in Europa o negli Stati Uniti.

Quando pensate a una fabbrica di chip, pensate a dove trovare migliaia di persone correttamente formate. Moltiplicate questo numero per il numero di fabbriche necessarie. Semplicemente, non abbiamo personale.

Il problema si verifica a tutti i livelli di ciò che riguarda i semiconduttori, dai dirigenti fino a chi deve costruire gli edifici che ospiteranno le fabbriche, racconta Fortune: negli States il tempo di valutazione è il doppio rispetto ad altri settori.E, come il personale, anche il tempo è un fattore che ci pone in svantaggio.

Per quanto riguarda la formazione, convincere gli europei che fisica ed elettronica sono più importanti di arte, cibo e turismo sarà molto complesso. La scarsa natalità generale dell’Occidente e la bassa qualità scientifica, nel pensiero ancor prima che nelle scuole, renderà complessa anche solo l’ideazione di un piano a breve termine.

Ovviamente è già da decenni l’ora di modificare programmi ed attitudini scolastiche dell’Occidente, ma scriverne ancora è tempo perso.

Se dobbiamo fare dieci nuove fabbriche di chip in Europa (e non stiamo parlando dei top di gamma) avremo bisogno di 6/10 mila tecnici che semplicemente non ci sono. Certo l’intelligenza artificiale e forse anche il quantum computing potrebbero ridurre il numero di operatori necessario, ma non sembra che ciò succederà di qui al 2030.

Ci serviranno quindi 6/10 mila tecnici in Europa. Come li troveremo? Ci arrangeremo con operazioni tampone come prenderli da altre aree, formare questi per i chip e formarne altri per sostituire i primi. Forse funzionerà, forse no. Certamente il costo della vita e le garanzie sociali dell’Occidente renderanno i prezzi di questi chip meno competitivi di quelli prodotti altrove, ma questo esula da questo articolo, che parla di capitale umano.

In definitiva, come direbbe ChatGPT, l’impressione è che -almeno nel breve termine- dovremo assumere personale specializzatosi altrove. Dove? Ma è chiaro, principalmente proprio dalle due macroregioni India e Cina. La dirigenza, invece, la sceglieremo con i soliti criteri. Anche quelli che ci hanno portato all’offshoring?

 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Leo Sorge
Leo Sorge
Leo Sorge è laureato in ingegneria elettronica, ma ha preferito divulgare scienze e tecnologie reali o presunte. Ritiene che lo studio e l’applicazione vadano separate dai risultati attesi, e che l’ambizione sia il rifugio dei falliti. Ha collaborato a molte riviste di divulgazione, alle volte dirigendole. Ha collaborato a molti libri, tra i quali The Accidental Engineer (Lulu 2017), Lavoro contro futuro (Ultra 2020) e Internetworking (Future Fiction 2022). Copia spesso battute altrui, come quella sull’ambizione e anche l’altra per cui il business plan e la singolarità sono interessanti, ma come spunti di science fiction.

Altri Editoriali

Il debito tecnologico dell’IA

L'Intelligenza Artificiale (IA) è senza dubbio una delle tecnologie...

Cloud e manufacturing: rivoluzione con ostacoli

Il cloud porta in sé un impatto senza precedenti...

Metà, due terzi, tre quarti: lo svantaggio e vantaggio sistemici

Quando le prime automobili furono immesse sul mercato, non...

Sempre più in alto!?

Quelli che hanno passato la cinquantina ricorderanno la famosa...

Ciao Twitter, benvenuta X… o no?

Sta facendo notizia il cambio del nome, del logo...

La domanda giusta

Come dice Seth Godin, ci sono domande giuste e...
Iscriviti alla newsletter di bizzIT

OGNI 15 GIORNI, nella tua posta elettronica, il resoconto delle notizie dedicate al mondo ICT B2B e al CANALE, con approfondimenti tecnici, editoriali e interviste.