Cloud&Business esamina come si trasforma il data center grazie a maggior sicurezza e iperconvergenza e come porti il cloud alla portata di tutti
Il numero di febbraio di Cloud&Business affronta il tema del cambiamento che sta interessando il cuore di un sistema IT, sia che si trovi in house che nel cloud. In un modo che è stato inizialmente strisciante ma con un processo che tende a velocizzarsi è infatti in atto la trasformazione dei data center.
A dare il via sono state le esigenze degli utilizzatori e del contesto di business in cui si muovono e , subito a seguire, chi li gestisce, e cioè il personale IT alle prese con una trasformazione digitale che in pochi anni ha proiettato il data center in uno scenario di utilizzo e un contesto architetturale del tutto nuovo.
Svariati sono i fattori che hanno portato a questo cambiamento nell’ambito del diffondersi della smart economy, alcuni di natura economica e sociale, altri di natura prettamente tecnologica ed organizzativa .
Tra i primi va annoverata l’esigenza da parte delle aziende di concentrarsi sul core business e di ottimizzare Capex e Opex, il che, detto in altre parole, contenere il costo delle infrastrutture o perlomeno parametrarle ai ritorni in termine di fatturato e allo stesso tempo ottimizzare, alias ridurre, il personale preposto. Il processo di virtualizzazione dell’IT è stato in pratica un modo per contenere il Capex ed utilizzare al meglio il data center.
Tra i secondi la proiezione verso l’esterno dell’azienda, la crescita tumultuosa della Mobility, l’esigenza di rispondere rapidamente alle richieste del mercato.
Il successo del Cloud e dell’IT visto come servizio e come modo per esternalizzare la sua complessità deriva in definitiva dal fondersi di quanto sopra detto.
L’iperconvergenza è un ulteriore passo in questa direzione volta a semplificare la complessità dell’IT e in qualche modo permettere anche alle PMI e alle aziende e agli enti pubblici in generale di poter trarre beneficio dai processi che sino ad ora hanno interessato e favorito i service provider o i fornitori mondiali di servizi cloud, senza che si debbano far carico degli oneri di una complessa gestione.
Verso sistemi iperconvergenti
Ma cosa si intende per iperconvergenza, che segue quella che a questo punto si può definire come step intermedio nel processo evolutivo dell’IT, della convergenza?
In sostanza, pur con varianti minori, consiste nel rendere disponibili soluzioni chiavi in mano che racchiudono capacità di calcolo, di storage e di rete, il tutto in un fattore di forma compatto e predisposto per l’espansione sia locale che geografica. Un ruolo importante in questa evoluzione lo gioca il software e in particolare quello di orchestrazione e di gestione.
Poiché l’obiettivo primario di un tale approccio è quello della semplificazione, e cioè del poter disporre di quello che a parte le dimensioni di scala si configura come un vero e proprio data center senza però doverne supportare i costi di gestione, è subito evidente che il software di gestione e orchestrazione delle risorse deve risultare molto user friendly e farsi carico di tutte quelle operazioni che in un data center convenzionale è competenza di personale specializzato che va a influire in modo massiccio sui costi di esercizio e sull’Opex.
I benefici del diffondersi di soluzioni iperconvergenti sono molteplici. Innanzitutto si apre la possibilità anche per medie o piccole aziende di disporre di soluzioni resilienti e con prestazioni facilmente espandibili, sia per uso locale che per realizzare infrastrutture di backup o di disaster recovery a costi di realizzazione e di esercizio molto contenuti. Va osservato che però nel caso di soluzione per il disaster recovery un ruolo importante è assunto da parametri quali RPO e RTO, ovverossia il punto da recuperare e il tempo in cui lo si vuole realizzare per ritornare operativi.
Tempo che naturalmente dipende dalla velocità della linea di interconnessione e che può avere un costo anche fortemente variabile. Importante è quindi anche definire una scala di priorità tra le applicazioni per stabilire quelle che devono essere recuperate e rimesse in produzione per prime, dati compresi.
Un secondo beneficio è che diventa più facile evolvere a livello di applicazioni e di elaborazione e gestione verso il cloud. Si può in tale scelta strategica spostare sul cloud attività non critiche per quanto concerne la riservatezza, così come adottare il cloud per la fase di test e sviluppo di nuove applicazioni mantenendo però una gestione e un controllo locale delle applicazioni e relativi dati aventi carattere sensibili che non potrebbero essere trasferiti sul cloud, sia in base a scelte strategiche che a regolamenti nazionali e sovranazionali.
Ulteriore approfondimento, oltre all’analisi di come cambia l’offerta di soluzioni di cloud ibrido e per una maggior sicurezza nel cloud su Cloud&Business n. 68